«La vecchia Padova palpita e sussulta al pari d'una adolescente, stemprando il suo duro cuore in sogni leggeri come i fiori della robinia. In fondo alle più desolate contrade c'è un lume di cielo: da orticelli domestici e giardini romanzeschi, cascate di glicine, traboccando dai muri, si rovesciano morbidamente sulle acque celestine dei canali. Se ci affacciamo alle porte della città, vediamo i solchi segnati da strisce di tenero verde, e, tra le canne e i gigli gialli delle prode, scintillare i fossi sotto le grigie capigliature dei salici, e inginocchiarsi allo specchio vivo, e tuffarvi dentro le braccia nude, le ninfe della nostra mitologia di pianura (…)».
Città materna rappresenta, nell'opera di Diego Valeri, «l'emblema del dialogo ininterrotto con il tema dell'origine, lungo una curvatura che incarna la forma concentrica e fluida di un tempo connaturato al mito, allo Zenit ove tutto ritorna e ricomincia» (dalla postfazione di Matteo Vercesi). Un'accorata dichiarazione d'amore per Padova, i Colli Euganei e il 'contado', terra di ritiri civili e spirituali, di esilio, di fiere dalla secolare tradizione, di incontri e di compassata solitudine, mutevole ma sempre riconoscibile. Un libro che accompagnò l'Autore fino alla sua morte, e che riappare oggi, a distanza di decenni dalla sua ultima edizione (1977), in rinnovata veste.